Le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione (Ministero della Pubblica Istruzione, 2007) sono al centro di osservazioni critiche sin da quando sono uscite: sono state dibattute genesi, premesse epistemologiche, enunciazione. Per il docente di Musica sono fondamentali, nell’esercizio del proprio lavoro, i sei «Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado» elencati a p. 67, sui quali s’incentra annualmente la programmazione didattica. Analizziamo l’ultimo di essi: pone problemi teorici e pratici.
L’alunno – leggiamo – saprà «orientare la costruzione della propria identità musicale valorizzando le proprie esperienze, il percorso svolto e le opportunità offerte dal contesto» (ibid.).
Cuore dell’enunciato è il concetto di ‘identità musicale’: una locuzione che, per quanto diffusa nella pubblicistica pedagogico-musicale, manca di uno statuto teorico definito. La sottolineatura individualistica («orientare la costruzione della propria identità musicale») porta a interpretare il concetto di ‘identità musicale’ come una presunta parte dell’identità generale della persona, quasi essa fosse un fatto privato. Essa consisterebbe nell’insieme generico delle preferenze maturate dall’alunno a seguito delle abitudini di ascolto personali e che costituiscono una sorta di ‘competenza’ d’ingresso: certo, gli alunni in età preadolescenziale non sono neutrali rispetto all’universo-musica, possiedono anzi una ‘sensibilità musicale’ già strutturata, che li rende pregiudizialmente favorevoli ad alcuni generi e ostili ad altri. Sin dall’età prescolare sono esposti a un martellamento musicale incessante e però selettivo: le musiche “adottate” in età preadolescenziale, in particolare, rimangono a lungo oggetto di proiezioni e investimenti emotivi radicali che forgiano i soggetti nel profondo, influenzandone il look, il linguaggio, il pensiero.
È discutibile, tuttavia, se tale investimento emotivo sia frutto di una scelta libera e consapevole. In molti casi – forse nella maggioranza dei casi – la presunta ‘identità musicale’ degli adolescenti non conosce infatti il pluralismo, ma matura inesorabilmente nell’unico territorio cui i soggetti hanno accesso: un territorio appiattito sulla musica pop e sulla riproposizione acritica delle mode del mercato musicale.
Ma un concetto di ‘identità musicale’ che si risolva nella sensibilità alle mode di mercato – e che paradossalmente escluda ciò che meglio sostanzia la nostra identità culturale, ossia il patrimonio della musica d’arte occidentale – solleva un serio problema pedagogico: in che modo potrà l’insegnante resistere alla pretesa che negli alunni questa ‘identità’ sia un fatto ormai compiuto e, al tempo stesso, movimentare in loro quel blocco monolitico e impermeabile di sedicenti ‘gusti’ preformati? A pro della crescita affettiva, e non solo culturale, del discente giova allargare l’orizzonte della «propria identità musicale», non certo imporlo in termini preclusivi. Far sì che i soggetti conoscano e pratichino musiche di diverso genere, di diversa provenienza geografica e tradizione storica, a cominciare dalla musica d’arte occidentale, è la sola strategia efficace per favorire la costruzione di un gusto musicale libero e pluralistico, che impedisca il formarsi di sovrastrutture refrattarie, se non addirittura ostili, a ciò che viene pregiudizialmente considerato extra-identitario.
Francesco Finocchiaro
Docente di Musica, Scuola Media “F. Mezzacasa”, San Matteo della Decima (BO)