Attesi e invocati per il molto tempo trascorso dalla chiusura delle Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario (SSIS), che aveva stroncato la possibilità di formazione alla funzione docente a numerose tornate di laureati (le SSIS furono sospese nel 2008); discussi e persino temuti per la previsione della loro realizzazione a totale carico di un sistema universitario già in affanno di risorse (che si traduce in ulteriore carico di lavoro per i docenti e in non lievi tasse di frequenza per i discenti), i Tirocini Formativi Attivi (TFA) per la formazione dei futuri insegnanti sono in questi giorni alla griglia di partenza.
Con essi, un discusso processo di riforma parte ancora una volta ‘dal tetto’ anziché dalla base (così com’era avvenuto con la legge di riforma del comparto dell’istruzione artistica e musicale). I TFA sono infatti l’ultimo anello di una catena che trova inizio in apposite lauree magistrali, nessuna delle quali è stata ancora attivata e il cui disegno è anzi in buona parte – tutte le discipline della scuola secondaria di II grado – addirittura ignoto.
L’accelerazione improvvisa dello scorso mese di marzo ha perciò còlto di sorpresa anche molti addetti ai lavori. Per chi si occupa di musica, tuttavia, la sorpresa è stata doppia: nessun TFA di Musica, per nessun ordine di scuola, in nessuna università della Repubblica è stato autorizzato, sebbene fossero pervenute al MIUR richieste giudiziose da parte di un numero ristretto di sedi. Ufficialmente, si dirà che ciò era un dovere, a fronte della pressoché totale assenza di posti disponibili a breve e medio termine per la disciplina nei diversi àmbiti scolastici.
Ufficialmente, appunto. Scorrendo l’elenco dei TFA autorizzati, si scorgono infatti altri insegnamenti in situazioni fattuali identiche o simili (quante saranno le cattedre vacanti nella classe di Lingue Straniere – Greco Moderno: preselezione nazionale il 30 luglio?). È perciò evidente che la ragione ultima dell’assenza della musica ha (anche) altre radici. Sconta, una volta di più, la sua marginalità nella sensibilità odierna, in cui essa esiste come fattore di intrattenimento ma non come parte integrante del sistema culturale; come attività ludica, ma non come sapere degno di essere preservato, tramandato e insegnato a tutti i cittadini (e questa volta, a norma del decreto ministeriale 249/2010, persino in armonica collaborazione tra Università e Conservatori, là dove tali istituzioni avessero voluto stipulare convenzioni a quello specifico fine).
I TFA sono così, di nuovo, la fotografia di una Scuola da cui la musica è pervicacemente – ma questa volta consapevolmente, e programmaticamente – tenuta fuori in nome di una specificità il più delle volte invocata a sproposito. Quousque tandem – fino a quando dovremo subire un’assenza del genere? Fino a quando dovranno subirla le prossime generazioni, e per ciò stesso il futuro del Paese?
Daniele Sabaino
Professore associato di Musicologia e Storia della Musica
Presidente del Centro per la Formazione Permanente e l’Innovazione Educativa
Università degli Studi di Pavia