Emoticon è un’icona utilizzata per aggiungere al messaggio scritto contenuti extra-verbali, inerenti soprattutto la sfera emozionale: contentezza noia stupore malinconia rabbia tenerezza riso delusione. Ennesima riprova, a detta di molti, che “un’immagine vale più di mille parole”.
Abituati sin dalla più tenera età a corredare di faccine i propri SMS, i ‘nativi digitali’ vengono ormai costantemente monitorati dagli specialisti delle più svariate discipline per trarne indicazioni relative allo sviluppo di una espressività globalizzata, in cui geroglifici, ideogrammi e segni alfabetici convivono nello stesso messaggino virtuosisticamente zippati. Alcuni sociologi, di fronte a questi adolescenti emuli dei celerissimi abbreviatores del notariato medievale, si preoccupano addirittura che, previo abbassamento dell’età del voto a sedici anni, il confronto civile finisca col risolversi nel concedere o negare uno smiley all’una o all’altra forza politica o proposta di legge; prassi già invalsa per selezionare con un istantaneo like/dislike opere ed eventi artistici, teatrali, televisivi e musicali. Una cospicua letteratura accademicamente certificata sull’argomento è reperibile digitando emoticon + aesthetics o/e expression o/e music in Google Scholar – non su quello generalista, mi raccomando!
Un cerchio (la faccia) in cui s’iscrive un segmento di linea retta o curva (la bocca) diversamente angolata e perciò espressivamente qualificata. Tutto qui. Facilissima da disegnare – e altrettanto facile da descrivere sia in termini di geometria piana, sia servendosi del comune linguaggio verbale-concettuale – l’emoticon richiama per analogia la tanto problematica quanto feconda duplicità che caratterizza anche la descrizione di un brano musicale e delle emozioni che esso sembra veicolare. Così, un repentino cambio di modo da maggiore a minore in tonalità di Do sarà, simultaneamente, l’effetto di un abbassamento di 18,5 Hz della terza o caratteristica (da Mi naturale 329,6Hz a Mi bemolle 311,1Hz con La4 a 440Hz) e la causa di un affetto che la maggioranza degli ascoltatori percepirà e narrerà in termini di incupirsi e immalinconirsi dell’antecedente atmosfera sonora.
Gli odierni, sempre più esaustivi regesti contenenti anche migliaia di emoticons classificate secondo fisiognomiche elementari o raffinate, non ricordano forse i cataloghi contenuti nei trattati barocchi di retorica musicale e il loro lodevole sforzo (nonché pio desiderio) di trovare precise corrispondenze tra determinati costrutti sonori e specifiche emozioni? Sia quel che sia, certo è che quelle faccine – migrando a miliardi da tablets e smartphones – sembrano, se non commuovere, sommuovere moltitudini sempre più frettolose e anonime. Che non sia questa l’Ars bene movendi della post-Modernità?
Giovanni Guanti
Professore associato
Musicologia e Storia della Musica
Università Roma Tre