Il corso di Storia della musica dei Conservatori e Istituti musicali pareggiati (oggi istituzioni di Alta Formazione Artistica e Musicale) mira alla formazione culturale dell’esecutore. Vi accedono studenti liceali o universitari, che, in parallelo, si accingono a diplomarsi in uno strumento musicale. In genere sono ragazzi motivati nello studio, con un ottimo profitto scolastico, e già in grado di interpretare brani d’autore di una certa complessità. Ovvio pensare che l’ascolto della musica d’arte sia stato e continui ad essere basilare nella loro formazione, e abbia esercitato un ruolo importante anche nell’intraprendere gli studi musicali in Conservatorio.
Tuttavia, durante le prime lezioni, quando si adotta l’ascolto come via privilegiata per introdurre alla storia della musica, capita talvolta di trovarsi di fronte a un panorama spiazzante. Sebbene i primi esempi proposti siano incipit di brani celeberrimi, la maggior parte degli studenti non riesce ad individuare i differenti generi musicali e i rispettivi periodi storici, ma dimostra un interesse e un desiderio di “sapere” davvero incoraggiante.
Se — per cercare risposte a quesiti basilari — il docente induce gli studenti a scavare nelle loro conoscenze pregresse, nota che queste provengono assai spesso dalla popular music. La quale può suggerire che l’aria più celebre dell’Elisir d’amore sia Una furtiva lacrima sul viso, oppure che Mozart abbia scritto Non più andrai trottolino amoroso. L’inglese imperante, d’altro lato, conduce all’Agnus day, uno dei più famosi canti gregoriani, o al Guglielm’hotel di Rossini, mentre carenze nella preparazione storico-geografica inducono a scrivere che Schumann, negli anni di Lipsia, ha studiato all’IPSIA. Tale situazione mette in luce le carenze di un sistema scolastico che continua a considerare lo studio della storia della musica un’esperienza per pochi. Ma anche all’interno dello stesso Conservatorio urge una riflessione sui tempi e modi di fare cultura. In linea con i piani di studio proposti dalla riforma dell’istruzione musicale, è indispensabile rivalutare il ruolo delle materie formative di base, le vecchie “complementari” (Teoria e solfeggio, Armonia, Storia della musica), spesso ancora relegate a posizioni subalterne; il corpo docente, da parte sua, deve acquisire la consapevolezza che la formazione dell’esecutore va ben al di là della pura ed esclusiva tecnica strumentale. In questo processo di crescita e maturazione globale, l’abitudine all’ascolto riflessivo e la corretta contestualizzazione storico-musicale sono mezzi imprescindibili per avvicinare gli studenti ad un mondo a loro pressoché estraneo, ma di cui paradossalmente hanno scelto di far parte.
Stefania Roncroffi
Docente di Storia della musica
Istituto superiore di studi musicali
Reggio nell’Emilia e Castelnovo ne’ Monti