“Fare musica tutti”, “Un coro in ogni scuola”: da qualche anno simili slogan sono al centro di dibattiti sull’educazione musicale, ispirano azioni legislative (tra tutte il DM 8/2011: «iniziative volte alla diffusione della cultura e della pratica musicale nella scuola […]») e progetti didattici, anche nella scuola primaria, dove, da alcuni anni, l’attenzione verso la musica è in costante crescita.
E l’ascolto? Di ascolto e di educazione all’ascolto poco si parla, così come di rado si parla di cultura musicale.
Il ‘fare’ risulta essere l’asse privilegiato – (se non l’unico) – di una certa educazione musicale. Sono offuscati – o ignorati – l’ascolto e la sfera del ‘conoscere’, che nella formazione di ogni discente, piccolo o grande, dovrebbero rivestire invece molta importanza, pena un’imperdonabile “deprivazione culturale”. Un buon ‘fare’ ha bisogno di un buon ‘conoscere’, e dunque di una buona educazione all’ascolto, la quale favorisce l’educazione alla cultura musicale e promuove l’incontro con la musica d’arte di ogni epoca. Sulla base della mia esperienza personale nella scuola primaria, e malgrado ciò che si dice, ho potuto constatare che la musica d’arte, quando ben introdotta e presentata, risulta assai gradita ai bambini, sempre aperti per innata curiosità ad ogni proposta; e più sono piccoli, più sono liberi da pregiudizi e condizionamenti di sorta.
Al di là dell’eccitazione momentanea indotta da certe pratiche di tipo ludico-musicale (balli, karaoke, drammatizzazioni, giochi vari, più o meno spontanei, ecc.), esiste infatti un altro tipo di emozione, ben più solida e formativa: quella che deriva dall’intelletto. Conoscenza, comprensione e piacere intellettivo non possono prescindere da una buona educazione all’ascolto attivo: questo sarà improntato sul confronto e la discussione, basato sul riconoscimento e sulla verbalizzazione di tratti e qualità musicali, indirizzato alla ricerca di collegamenti pertinenti con titoli e testi poetici (se presenti). Nel caso di musica con testo poetico il costante andirivieni tra linguaggio verbale e musicale ha ricadute positive sulle abilità linguistiche, sulle capacità espressive e sull’arricchimento del vocabolario, spesso limitato in età infantile.
L’educazione musicale in tal maniera potrebbe liberarsi dalla gabbia ludico-ricreativa in cui è rinchiusa per diventare finalmente e a pieno titolo una ‘disciplina’, ossia una materia di studio e di insegnamento al pari delle altre; a scuola si farebbe cultura, i bambini, attraverso l’acquisizione di competenze di base e di un habitus – percettivo, emotivo, intellettivo – adeguato, imparerebbero a diventare innanzitutto buoni fruitori di musica d’arte, quindi ad apprezzarne la bellezza e il valore, a goderne appieno. Alla fin fine, diventerebbero cittadini migliori.
Silvia Cancedda
Docente Scuola Primaria “R. Sanzio”
Istituto Comprensivo n. 9 – Bologna