Le lacune di metodi e prospettive nell’insegnamento musicale praticato in Italia nell’ambito della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado sono ancor più vistose se riferite all’ascolto e alla comprensione della musica del secolo xx e di quella dei giorni nostri. Una parte cospicua dei docenti manca di competenze specifiche, retaggio di percorsi formativi incompleti inscritti negli stessi programmi ministeriali dei Conservatori italiani. Se molti di loro sono stati in grado di sviluppare nel tempo procedure efficaci per la trasmissione del repertorio classico-romantico, per quello successivo hanno incontrato ben altre difficoltà, aggravate dalla progressiva riduzione dei brani di musica ‘nuova’ nei programmi delle istituzioni liriche e sinfoniche. Si rende perciò necessario un disegno di vasto respiro, che metta le acquisizioni e gli strumenti della musicologia e della pedagogia della musica al servizio della concreta pratica didattica.
Si colloca in questa prospettiva il progetto “Nuovi approcci per ‘godere’ la musica d’oggi”, sviluppata in seno al SagGEM con la collaborazione del compositore Alessandro Solbiati. Scopo del progetto, che al momento coinvolge docenti della scuola secondaria di primo grado, è quello di mettere a punto coerenti e meditati percorsi didattici attraverso la serrata interazione tra il lavoro ‘sul campo’, svolto nel diretto confronto con gli studenti, e la ‘messa in forma’ dei risultati via via acquisiti. Nella scelta delle composizioni da sottoporre all’ascolto ci si è orientati su brani nei quali la preminenza di ‘parametri’ diversi dall’altezza e dal ritmo – la tessitura, il timbro, il ‘gesto’ sonoro – determina il superamento della concezione ‘discorsiva’ della musica, fondata sul presupposto di un’analogia strutturale con il linguaggio verbale, e impone l’elaborazione di nuove strategie percettive.
Gli esiti della prima fase del progetto si sono rivelati di grande interesse. Si è constatato ad esempio che la complessità non costituisce un ostacolo alla comprensione, ma che non tutti i brani complessi sono in egual misura fruibili; e che la sfida agli abituali modi di ascolto trova minori resistenze negli studenti di primo conio, delle prime classi della media, laddove quelli con un imprinting già avviato sono costretti a ‘destrutturare’ le proprie abitudini percettive. In più, la costruzione di nuovi orizzonti conoscitivi si è intrecciata con un ‘fare’ diverso dalla pratica strumentale, meccanica e irriflessa, che prevale ancor oggi nella didattica musicale: la scoperta della materialità del suono e della possibilità di manipolarne le diverse componenti (altezze ritmi timbri dinamica densità), ha costituito per gli studenti un’esperienza avvincente e ha risvegliato in loro quel ‘piacere’ dell’ascolto che è parte integrante di una formazione – umana e culturale – compiuta.
Graziella Seminara
Ricercatore
Dipartimento di Scienze Umanistiche
Università di Catania