Difficile ricordare un premio Nobel per la letteratura che non abbia suscitato almeno qualche mal di pancia, a maggior ragione quando assegnato a persone la cui produzione intellettuale non è riconducibile al genere egemone del romanzo. Il premio Nobel a Bob Dylan ha provocato altrettanto scalpore di quello assegnato nel 1997 a Dario Fo, riconoscimento che – ad essere onesti – aveva suscitato clamore soprattutto in patria.
Trovo utile il soffermarsi sulla domanda formulata da Alessandro Baricco, dal fronte degli scontenti, che tanta eco ha trovato nei quotidiani d’informazione: «che c’entra [Dylan] con la letteratura?» e prosegue «è come se dessero un Grammy Awards a Javier Marias perché c’è una bella musicalità nella sua narrativa. Allora anche gli architetti possono essere considerati poeti». Dopo una simile affermazione, ecco che forse il mal di pancia si trasferisce a coloro che si occupano di storia della cultura, e in particolare della cultura musicale. Perché, indipendentemente dal valore che si voglia attribuire alla produzione di Bob Dylan, affermazioni come quella testé citata negano millenni di rapporti tra le forme artistiche della parola e del suono: le “forme della poesia per musica”, dicitura che figura anche come oggetto di numerosi corsi universitari. Senza contare che Dylan ha per certo prodotto fiumi di parole, mentre risulta dubbio che Javier Marias abbia dato vita a melodie fatte di note, o che un architetto abbia costruito edifici con parole. Ma, ribadiamo, l’errore di Baricco qui non è di semplice logica, piuttosto esso denota la mancanza di prospettiva storica o, ancor peggio, la sua negazione.
Dalla prospettiva di un musicologo aver assegnato il premio Nobel della letteratura ad un cantautore non ha nulla di bizzarro o ardito. E non è difficile capire che creare e mettere in musica dei testi non richiede solo competenze musicali, ma anche letterarie. Mi si perdonerà il paragone, ma conferire un Nobel per la letteratura a Wagner sarebbe sembrato altrettanto azzardato? Bisogna inoltre ricordare che due criteri fondamentali per l’assegnazione del premio sono l’avere massima rilevanza in campo idealistico ed essere di beneficio per l’umanità. La rilevanza e la diffusione che le parole associate alla musica possono raggiungere, creando quelli che in altri tempi venivano definiti i “meravigliosi effetti della musica”, sono difficilmente eguagliabili dalla sola parola scritta, non ‘eseguita’. Nella performance la parola prende vita incarnandosi nella voce che se ne fa interprete e così facendo moltiplica il proprio potere. Ma il fatto di essere eseguita con una specifica intonazione non fa cessare alla parola di essere ‘lettera’. Dylan con la letteratura c’entra, eccome.
Maria Semi
Marie Skłodowska-Curie researcher (Train2Move)
Università di Torino