È uscito per Pearson un manuale di educazione musicale intitolato In prima fila. Merita attenzione una duplice scelta dell’editore. Da un lato attribuire uno spazio considerevole alla storia della musica: oltre alla presentazione di strumenti e forme, ben 307 pagine raccontano la storia della musica dai Sumeri alla diffusione della musica in rete. Un dato notevole anche rispetto ai maggiori competitor, assai più parsimoniosi. Seconda scelta, non meno inconsueta: interpellare un musicologo accademico come autore principale di uno dei due volumi del libro. Al sottoscritto è stato affidato il duplice compito di supervisionare l’architettura della sezione e scriverne direttamente oltre un terzo: occasione imperdibile per tradurre il sapere accademico in sapere didattico calibrato sulle esigenze delle medie inferiori, e al contempo implementare quella valorizzazione della musica d’arte occidentale, senza pregiudizio di altri generi e tradizioni, che costituisce un cardine del SagGEM.
Alcune linee guida del lavoro:
- cura della veste grafica, che comunichi con chiarezza e immediatezza i contenuti significativi;
- attenzione a decorso storico, geografia della musica, generi musicali (anche minori, come la sinfonia concertante, che possono risultare eloquenti per il ragazzo digiuno di musica), autori chiave, a prescindere dalla loro popolarità odierna;
- ricorso a dati concreti più che non a giudizi estetici;
- citazioni dalle fonti;
- sguardo sociologico, che spieghi la collocazione della musica nelle varie società;
- ascolti non banali e ritriti, bensì significativi e memorabili. Manca Per Elisa, ma ci sono il Finale della Sinfonia in Mi bemolle maggiore di Mozart e il I tempo dell’Arciduca; gli esempi di opere in video sono scelti per coerenza tra scelte registiche e intenti didattici;
- opzione per il teatro musicale, opera e balletto: tutta la sezione è presidiata da 17 titoli dall’Orfeo monteverdiano a Porgy and Bess di Gershwin e Romeo e Giulietta di Prokof’ev, ciascuno raccontato attraverso l’ascolto di tre momenti chiave. Per unitarietà di concezione e interesse strategico me ne è stata affidata l’intera redazione.
Per concludere, alcune riflessioni su modalità e significato di questa esperienza. L’irruzione d’un musicologo “puro” nella redazione di un manuale scolastico ha comportato un compromesso continuo: per relazionarsi con i docenti cui il libro è indirizzato, è stato necessario rinunciare a qualche audacia (meglio non chiamare Mozart “Wolfgang Amadé”, introdurre una stagione di medio Settecento tra barocco e classicismo) e fare i conti con una tradizione interventista della redazione. È stato però possibile agire in due direzioni: l’adozione d’un linguaggio scientificamente esatto; l’aggiornamento della visione storiografica che, ad esempio per il teatro del Settecento, nei manuali è ancora molto datata. Non sembra poco.
Raffaele Mellace
Professore associato
Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo
Università degli Studi di Genova