Fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, i docenti hanno dovuto “re-inventare” il modo di fare lezione passando d’emblée da un’educazione tradizionale di tipo frontale alla cosiddetta “didattica a distanza”. Numerose e molteplici sono state le soluzioni proposte dalla rete: ed ecco Microsoft Teams, Google Meet, Moodle, Zoom, Teleskill, nomi sconosciuti ai più, che sembrano evocare mondi “astrali”. I docenti di discipline musicologiche hanno dovuto, dunque, ristrutturare la loro metodologia adeguandola ai nuovi mezzi tecnologici, con tutti i limiti imposti dal digital divide e dai problemi infrastrutturali del Paese. Queste piattaforme telematiche, per lo più, permettono di proiettare in una stanza virtuale i materiali didattici (slide, esempi ecc.) e di proporre degli ascolti. Nel contempo, però, esse pongono seri limiti per quel che riguarda la struttura di apprendimento: i contenuti offerti agli studenti non dovrebbero infatti prevedere un’unica modalità espositiva ma diversi modelli; vanno inoltre considerati il ritmo e gli schemi di apprendimento. Il docente non ha la possibilità di un’interazione immediata con il discente che così “subisce” un modello didattico pre-impostato, una sorta di lezione pre-confezionata, da utilizzare all’occorrenza.
La pandemia oggi ci insegna che siamo ancora lontani anni luce dalla cosiddetta Gigabit Society. L’attuale periodo e i prossimi mesi dovranno essere impiegati proficuamente per progettare una buona didattica digitale. Se infatti esiste un prima e un dopo Covid-19, molto più importante è il durante: ossia il periodo nel quale ognuno di noi è “obbligato” ad effettuare le scelte metodologiche e didattiche più idonee e funzionali, sebbene esse si svolgano al momento all’interno di un serio vuoto normativo. Abbiamo davanti a noi una sfida importante, e solo un lavoro di squadra, in cooperative learning, può favorire scelte condivise e progetti comuni per le attività didattiche in ambito musicologico, individuando gli strumenti più idonei a favorire l’inclusione e la partecipazione degli studenti.
Antonio Caroccia
Professore di Storia della musica
Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma