Il mio viaggio musicale è incominciato all’età di sei anni, quando ho espresso ai miei genitori il desiderio di studiare musica. Ricordo precisamente quanto mi appassionasse ascoltarla e quanto essa fosse presente nella mia giornata. Ogni esperienza musicale è stata un momento di crescita artistica e gli incontri con i Maestri sono stati fondamentali, così come gli studi nei Conservatori di Bologna e Milano, i corsi estivi di Salisburgo, Aspen, Tanglewood e la Laurea Magistrale in Musicologia all’Università di Bologna.
L’incontro più significativo è stato quello con Leonard Bernstein a Tanglewood e Roma: musicista carismatico, eclettico, antiaccademico, grande comunicatore e didatta. Credo che questo compositore e direttore possa essere considerato il primo diffusore della cultura musicale attraverso quel mezzo che negli anni Sessanta stava cambiando il mondo: la televisione. Con la serie di “Young People’s Concerts” periodicamente trasmessa dal network statunitense CBS, le sue lezioni diventarono pietra di paragone e modello di trasmissione della cultura in un linguaggio quotidiano alla portata di tutti. L’incontro con “Lenny” (così lo chiamavano tutti a Tanglewood) mi ha letteralmente trascinato in uno spazio sublime e mi ha insegnato quanto sia importante pensare la musica senza confini e che le posizioni dogmatiche non arricchiscono, ma incatenano e chiudono gli orizzonti.
Ho quindi compreso che per essere buoni musicisti è necessario acquisire gli strumenti necessari per attivare processi di elaborazione attraverso uno studio ampio e sempre mirato a focalizzare tutte le problematiche come quella storica, estetica, analitica e tecnica.
Essere educatori significa assumersi una responsabilità culturale e porsi il problema di come trasmettere il sapere; io concepisco l’educazione come arte maieutica, esplicazione delle potenzialità innate del soggetto, appartenenti alla sua identità originaria. In questa ottica penso all’importante ruolo dell’insegnante come colui che trasmette un sapere in modo scientifico, ma non scevro degli elementi poetici che caratterizzano l’arte e la nostra vita; la musica non esprime significati precisi, non spiega parola per parola, punto per punto, ma piuttosto suggerisce, crea cioè delle forze immaginative che provocano e orientano le associazioni verbali.
Proprio l’incontro con Leonard Bernstein mi ha fatto capire quanto sia importante trasmettere al giovane musicista il gusto, la capacità di godere del bello – elementi che a prima vista sembrerebbero sottrarsi a un processo educativo –, associati all’ascolto interiore, all’analisi storico-musicale e allo sviluppo dell’immaginario che è insito nel processo artistico.
La passione per la musica è un elemento fondamentale e rappresenta il filo conduttore che dà luce al nostro cammino umano e artistico. Penso che trasmettere il sapere ad un altro musicista costituisca un arricchimento reciproco e continuo per l’essere umano, così come l’aspetto sonoro è un filo comune nella vita del musicista che sulla superiorità della musica si esprime chiaramente. Noi musicisti e insegnanti siamo come fattorini: riceviamo qualcosa e lo doniamo. È un atteggiamento, in fondo, piuttosto semplice: ciò che abbiamo ricevuto, specialmente quando siamo consapevoli di averlo ricevuto da grandi maestri, ci sembra perfettamente normale trasmetterlo.
Nicoletta Conti
Docente di Lettura della Partitura
Conservatorio G. B. Martini di Bologna