Lo sviluppo della percezione e della memoria uditive ha sempre costituito un obiettivo principale nella formazione di un musicista, indipendentemente dall’epoca o dal genere musicale: non puoi diventare un professionista se non sei in grado di sentire nella tua mente ciò che stai per suonare prima di suonarlo: per padroneggiare questa abilità il tuo orecchio deve essere educato e allenato.
In questo quadro possiamo definire l’Ear Training come il corpus delle attività svolte al fine di migliorare e affinare la percezione interiore e la memoria. Per decenni, insegnanti di diverse scuole, tradizioni e paesi hanno strutturato queste attività in vari sistemi e tecniche, ma con un obiettivo comune: collegare ciò che senti (o ciò che immagini) a ciò che suoni/canti (o a ciò che stai per suonare/cantare) e – in molte tradizioni musicali – a ciò che è scritto (o ciò che ci si aspetta che scriverai) sulla carta.
In Italia, l’avvento della nuova disciplina “Teoria, ritmica e percezione musicale” che, in seguito alla legge di riforma nel 1999, nell’arco di 15 anni ha gradualmente sostituito il vecchio curriculum ministeriale di Teoria e solfeggio, ha comportato una rapida frammentazione sia verticale sia orizzontale, in assenza di un coordinamento centrale e in un quadro di autonomia didattica: non solo sono venuti a mancare elementi di raccordo nella filiera verticale (dalla formazione di base fino alle Istituzioni AFAM), ma ogni docente, svincolato da un programma fisso, si è sentito libero di “sperimentare” metodologie e materiali in autonomia, come accade già da tempo in diverse realtà europee.
Lungi dal considerare la frammentazione un fattore negativo, bensì una risorsa, a partire dal 2015 il Conservatorio di Parma attraverso il workshop “Sentiamoci a Parma – connecting ears!” ha voluto agire da catalizzatore nel processo di raccordo tra le molteplici sperimentazioni metodologiche in atto in Europa: ha creato, nell’arco di 6 edizioni, il più ampio network del settore, con oltre un centinaio di docenti di Ear training provenienti da 25 nazioni che, a cadenza annuale, si riuniscono per quattro giornate presso il Conservatorio “A. Boito” per svolgere lezioni e assistere a quelle dei colleghi. Questa attività di ricerca, oltre a ottenere il riconoscimento da parte dell’Agenzia nazionale INDIRE per il ruolo svolto nella valorizzazione del patrimonio culturale europeo, ha permesso al Conservatorio di Parma di vincere due edizioni consecutive del Premio “Leonardo da Vinci”, indetto dal MIUR allo scopo di valorizzare azioni di mobilità dei docenti della formazione superiore italiana finalizzate a favorire contatti strutturati con centri di eccellenza della formazione e della ricerca mondiali.
Dopo il primo progetto di collaborazione con la UiT di Tromsø (Norvegia) dove è attivo l’unico Biennio di specializzazione in Ear Training a livello europeo, quest’anno, grazie alla cooperazione con il Royal Conservatoire de L’Aia (Olanda) e la Latvian Academy of Music di Riga (Lettonia), il focus della ricerca è posto sul Learning by doing, articolato in due aspetti fondamentali:
- la strutturazione di un efficace curriculum verticale per le discipline teoriche e in particolare per la formazione uditiva, integrando in una visione olistica i percorsi didattici delle scuole primarie, delle scuole secondarie e delle Accademie di musica
- un radicale rinnovamento del curriculum e dei programmi delle discipline teoriche in modo da renderli più aderenti alla prassi esecutiva.
Molto spesso le discipline teoriche sono percepite dagli studenti (e a volte dai docenti stessi) come una sorta di “corpo estraneo” scarsamente in relazione con le attività performative, se non addirittura d’intralcio a queste ultime. Ciò accade principalmente per due motivi: un’impostazione astratta e slegata dalla prassi esecutiva e la mancanza di coordinazione tra i vari docenti sia all’interno della medesima istituzione, sia lungo la “filiera” formativa. Entrare nella prospettiva del Learning by doing significa:
- promuovere la più stretta connessione tra attività teoriche e prassi esecutiva musicale, coinvolgendo direttamente e continuativamente i Dipartimenti e i singoli docenti delle discipline performative e teoriche in modo da consentire un continuo feedback e una programmazione organica delle attività svolte;
- collocare l’improvvisazione musicale al centro del processo di apprendimento;
- aumentare l’efficacia del percorso formativo, strutturandolo e concordandolo tra Istituzioni di diverso livello, in modo da creare una filiera verticale coerente, non certo per tornare al “programma unico ministeriale”, bensì per connettere tra di loro le sperimentazioni didattiche europee degli ultimi decenni e riprogettare i curricula in maniera organica ed efficace, invece di lasciarli al caso, come spesso pare accadere.
Fabio Ferrucci
Docente di Teoria, ritmica e percezione musicale
Tutor e coordinatore didattico
Conservatorio di musica “A. Boito” di Parma