Qualche anno fa uno studioso di relazioni internazionali, Luigi Bonanate, ha pubblicato un corposo e interessante volume dal titolo Dipinger guerre (Aragno, 2016). Si tratta di un’opera che va al di là degli specialismi disciplinari e che pone il tema generale di come guerra e pittura s’intersecano di continuo e reciprocamente. Luogo della violenza, della distruzione, della potenza e della politica, la guerra ha da sempre ispirato un’infinità di opere. Che le guerre abbiano fatto nascere straordinarie espressioni pittoriche nella storia, tali da poterne ancora parlare al presente, è davvero mistero, meraviglia e sfida costante a un pensiero e a una riflessione profonda, che va ben oltre gli eventi specifici, fonte di ispirazione dei singoli pittori. Capita che questi a volte dipingano guerre per ragioni politico-morali o anche esistenziali (per averle vissute in prima persona, averne sofferto le conseguenze ecc.); essi partecipano quindi in senso ampio alla formazione del dibattito dell’opinione pubblica sulla guerra e sono in grado di porre interrogativi in una ideale linea di continuità tra passato, presente e futuro. Per quanto riguarda lo spettro d’osservazione dell’Occidente moderno (nei secoli che vanno dalle battaglie rappresentate da pittori quali Piero della Francesca, Paolo Uccello e Giulio Romano fino alle molteplici rappresentazioni delle catastrofi delle guerre contemporanee, con le loro infinite vittime civili, da Guernica di Picasso in poi), è davvero ricco il panorama generale di opere pittoriche che, a partire da eventi drammatici inerenti ad una determinata guerra, si spingono oltre, quasi a voler smuovere le coscienze a proposito di una dimensione fra le più tragiche della vita umana. Un pittore che seppe con particolare intensità lanciare un forte grido contro l’irragionevolezza della guerra e le sue funeste conseguenze è di sicuro Francisco Goya. Basti pensare alla serie di ottantadue incisioni, realizzate nel corso di alcuni anni a partire dal 1810, che vanno sotto il titolo “Los desastres de la guerra”. La tematica è la guerra di indipendenza spagnola, iniziata con l’occupazione della Spagna da parte delle truppe napoleoniche, ma come si evince dal titolo complessivo (poi declinato in titoli specifici per ogni incisione), non c’è davvero nulla di eroico che il pittore vi rappresenti. E così ancora oggi, noi – testimoni della nefasta guerra di aggressione e invasione russa dell’Ucraina e delle sue terribili distruzioni, accompagnate da massacri e quant’altro – avvertiamo un senso di profonda e diretta empatia/contemporaneità con Goya: ci sentiamo come lui scossi nel profondo allorché egli rappresenta con vivida intensità le atrocità e il lato più oscuro della guerra, le sofferenze che causa, la fame e le carestie cui dà luogo, gli assassinii e le violenze contro indifesi (in primo luogo donne, bambini, vecchi), ma anche il macabro godimento da parte di coloro che appaiono inebriarsi della sofferenza di altri uomini. Insomma, un’opera che si eleva nel suo insieme a grandiosa disperata denuncia contro la violenza nei suoi molteplici aspetti, che si scatena senza limiti nel totale “sonno della ragione”, al contempo causa e drammatica conseguenza di ogni guerra.
Raffaella Gherardi
Professoressa Alma Mater
Università di Bologna – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali