Allegro non troppo è il titolo di un film divertente e a tratti sarcastico di Bruno Bozzetto del 1976. La tecnica con la quale esso è realizzato è mista, ovvero vi sono attori in carne e ossa e brevi inserti in forma di cartone animato disegnati dallo stesso Bozzetto. Tutta musicale è invece la trama: un disegnatore è invitato a dar vita con immagini ai brani suonati da un’orchestra guidata da un direttore burbero e incontentabile. La musica vi svolge un ruolo centrale. Le cinque composizioni eseguite – Debussy, Dvořák, Ravel, Sibelius, Stravinskij – completate da un collage che ricorda Imaginary Landscape No. 5 di Cage, e titoli di coda accompagnati da una spassosa parodia delle precedenti musiche, forniscono lo spunto a Bozzetto per ideare racconti visivi che affrontano tematiche sociali scottanti all’epoca dell’uscita del film: dal consumismo sfrenato alla corsa per il potere alla solitudine dell’uomo moderno.
Allegro non troppo, proprio in virtù del sapiente utilizzo della musica in sinergia con le immagini, può essere estremamente efficace ancora oggi in sede didattica per coinvolgere gli studenti, in particolare quelli delle classi iniziali degli istituti secondari di primo grado, e affrontare alcuni discorsi tecnici: dalla dicotomia tra due temi musicali alla differenziazione timbrica delle varie famiglie strumentali. E questo perché le attuali generazioni, nate e cresciute in una società in cui l’interazione tra dimensione uditiva e visiva è alla base dell’intrattenimento quotidiano, in molti casi da loro vissuto in solitaria compagnia di smartphone e tablet, hanno sviluppato una predisposizione all’apprendimento che passa attraverso brevi clip audiovisive – una pratica che la ‘buona scuola’ non perde occasione di incoraggiare.
Mostrare agli studenti l’estratto dal film in cui la malinconia del Valzer triste di Sibelius fa da sottofondo alla vicenda infelice di un gatto o l’episodio che ha come protagonista un’ape disturbata da una coppia di innamorati, la cui ira è resa inequivocabilmente dalle note vivaldiane, può rivelarsi utile per accrescere la loro consapevolezza che la musica possieda un potente valore suggestivo e possa potenziare il contenuto espressivo di ciò che si vede in simultanea; il passo successivo sarà quello di dimostrare ai giovani spettatori che anche la musica assoluta ha il medesimo potere, se non maggiore.
Chi ha letto i programmi e i documenti ufficiali in vigore nella scuola sa che ormai da decenni ‘interdisciplinarità’ sia divenuta una parola ampiamente usata e spesso abusata, immancabile nei progetti che i docenti di Educazione musicale sono spesso invitati a redigere. In questa prospettiva, il lavoro di Bozzetto può offrire lo spunto per indurre gli studenti delle classi di ordine superiore ad approfondire problematiche tutt’altro che musicali: ad esempio, la presenza marginale delle donne nei ruoli istituzionali (l’orchestra del film è infatti costituita eccezionalmente da sole signore). Ma proprio perché la settima arte, oltre a svagare e divertire, può essere anche veicolo per riflettere, sulla scorta dell’episodio accompagnato dal Bolero si potrà invece discutere della massiccia cementificazione delle città, in cui non c’è più posto per gli alberi, secondo un processo che purtroppo procede in modo veloce, ad libitum e tutt’altro che allegro non troppo…
Angela Carone
Docente di Storia della musica
Conservatorio di Musica “Tito Schipa”, Lecce