Nel nostro paese così scarsamente alfabetizzato in campo musicale la disponibilità di testi che aiutino gli studenti a fissare alcune idee, a ritrovare i punti essenziali di quanto detto a lezione, a essere guidati nei loro ascolti a casa è un fatto fondamentale e indispensabile. E tuttavia molte volte siamo quasi scoraggiati ad affrontare nei nostri corsi uno specifico tema perché sappiamo di non disporre di una bibliografia accessibile in lingua italiana. Le ragioni sono diverse e spesso fantasiosamente imprevedibili.
Il caso che mi pare più doloroso è quello di testi tradotti in italiano, ma esauriti e mai più ripubblicati, vuoi perché ritenuti improduttivi, vuoi perché l’editore nel frattempo è fallito o è stato assimilato da un altro meno sensibile alla storia della musica. E qui la memoria va al fondamentale testo di Dahlhaus La musica nell’Ottocento, che oggi gli studenti non possono che cercare in biblioteca, sicché è impossibile assegnarlo come testo d’esame; stessa sorte per Il teatro di Rossini di d’Amico, ormai introvabile: ma l’elenco è molto più lungo. Non si dimentichi, d’altra parte, la grande quantità di testi cruciali mai tradotti in italiano, siano monografie o saggi critici a tema; e in generale l’imbarazzante isolamento delle collane musicali, così poco visibili nei cataloghi e costrette in un angolo ignorato dai più.
Ci sono poi casi spiacevoli per altre ragioni: quelli dei libri disponibili sì, ma male o nient’affatto distribuiti, per cui la ricerca diventa quasi una caccia al tesoro; e con i corsi universitari di 6 crediti, quando la caccia si è conclusa, è purtroppo finito anche il corso, sicché l’intenzione di commentare a lezione i passi più complicati del testo d’esame è stata vanificata dall’attesa. Qualche volta il libro esiste, è disponibile, è persino nuovo fiammante: ma è la libreria a non essere in buoni rapporti col suo distributore, per cui ancora una volta i tempi di consegna si allungano in modo imbarazzante. Da segnalare è anche la rapidità con cui libri anche importanti spariscono dagli scaffali dopo pochi mesi dall’uscita: e non sono libri secondari, ma testi su Mozart, su Bach, su Beethoven, che dovrebbero campeggiare nel reparto musica così come Steiner e Contini in quello della critica letteraria, Hobsbawn e Le Goff in quello di storia.
Se questo succede a Mozart, non sarà difficile immaginare il destino di testi su autori meno noti o su generi come Lied, madrigale, sinfonia: un pochino la responsabilità è anche di noi musicologi, perché non sempre i testi sono comprensibili anche agli amatori colti, o catturano i lettori con qualche strategia stilistica. Ma, certo, il fatto che nessun editore di rilievo abbia osato fino all’anno scorso proporre un volume dedicato a Wagner, o a Britten, la dice lunga sull’agonia dei nostri cataloghi musicali e sull’inadeguatezza del sistema editoriale.
Elisabetta Fava
Ricercatore in Musicologia e Storia della musica
Dipartimento di Studi umanistici – Università di Torino