Tutti concordano nel dire che la cultura cinematografica è cambiata nell’epoca del web. Non tutti sono d’accordo sull’entità e il senso del cambiamento. In particolar modo, più ancora che intorno ai film studies di ambito accademico, è intorno al campo della critica cinematografica che si sono coagulate preoccupazioni o speranze di ogni sorta. Ma partiamo appunto dai cambiamenti in atto, che riguardano principalmente due aree.
La prima comprende i discorsi critici, che si moltiplicano e si ibridano sul web. Per esempio, nel caso del format-recensione, assistiamo sia a un aumento delle sottotipologie (micro recensioni, pagine di blog, ecc.) sia a cambiamenti degli elementi interni alle singole recensioni: questi ultimi riguardano la scelta e la dispositio degli argomenti (una maggiore libertà rispetto al passato), il registro discorsivo (sempre più informale).
La seconda area comprende la critica come professione più o meno istituzionalizzata. L’aumento di blog e di altri luoghi on line, in cui si producono discorsi sul cinema, ha portato a una de-istituzionalizzazione della professione. È rilevante che la critica cinematografica sia sempre meno una professione e sempre più un’attività affidata al volontariato culturale. Inoltre, grazie (o a causa) della rete, si assiste a un abbassamento delle barriere di accesso e a un abbassamento delle barriere di apprendimento del mestiere. A ciò corrisponde una ridefinizione della funzione di expertise esercitata dal critico cinematografico. Il critico oggi è affiancato da altri “attori” che aspirano al ruolo di “esperti” capaci di orientare il consumo audiovisivo: si va dai mille critici “fai da te”, che spopolano presso nicchie consistenti di utenti su YouTube, agli algoritmi che, in modo automatico e impersonale, offrono consigli personalizzati d’acquisto (partendo dalle analogie nei profili di consumo tra gli utenti) sui siti di e-commerce come Amazon.
A fronte di ciò gli esperti di settore sembrano essersi divisi classicamente tra apocalittici e integrati. La cosa che però sfugge al gioco delle contrapposizioni è un dato forse banale ma sul quale è utile riflettere: a essere veramente in crisi è l’idea di critica come mestiere retribuito. La diffusione della critica on line ha determinato qualche licenziamento. Difficile negarlo. Si può essere anche più brutali: per un breve periodo della storia culturale occidentale è sembrato ad alcuni possibile guadagnarsi da vivere compilando pareri, interpretazioni e giudizi sui prodotti della cultura di massa. Questa epoca pare finita. Ma sarebbe da chiarire se ciò promani tout court da un malessere della cultura cinematografica. La verità è che la rete, per ora, non ha prodotto l’eclissi della cultura cinematografica tradizionale. Al massimo ha affiancato la cultura tradizionale mandandone in crisi alcune cinghie di trasmissione. Possiamo quindi concludere sottoscrivendo, anche per la critica del cinema, la semplice constatazione di Noël Carroll riguardo la critica d’arte: “There is probably more art criticism being produced and consumed now than ever before in the history of the world”.
Claudio Bisoni
Professore associato di Storia e metodologia della critica cinematografica
Dipartimento delle Arti – Università di Bologna