Propongo alcune riflessioni sull’insegnamento di materie audiovisive, a partire dall’esperienza didattica maturata durante il corso “Teorie e tecniche della comunicazione audiovisiva e multimediale” che tengo al Conservatorio di Cuneo nel triennio di Musica Elettronica. Per qualche anno ho insegnato Processing, linguaggio di programmazione audiovisiva interattiva; poi sono emersi due problemi:
- un carico eccessivo di linguaggi di programmazionenel piano di studi non permetteva agli studenti di conseguire una conoscenza profonda del pensiero computazionale. Insegnare troppi programmi implica affrontare più volte inutilmente problematiche di superficie e fondamenti di base della disciplina;
- gli elaborati degli studenti in materie audiovisive risultavano banali, aridi e privi di valore estetico, benché avanzati sul lato tecnologico. Con gli altri docenti abbiamo compreso che gli studenti devono sviluppare una propria facoltà critica e che questa può essere sollecitata solo da un approccio umanistico. Gli studenti hanno infatti scarsa dimestichezza nel leggere le immagini e la loro relazione con la musica. Ciò determina ingenuità e incapacità di analizzare il proprio lavoro. Solo fornendo la consapevolezza dei fondamenti teorici dell’audiovisione si possono fornire basi solide per la creazione di prodotti audiovisivi.
È emersa l’esigenza di costruire un piano formativo adeguato per le materie audiovisive, calibrato sul sapere pregresso degli studenti e coordinato da più cattedre coinvolte. Abbiamo quindi deciso di eliminare Processing e di insegnare a leggere l’immagine in un corso che affronti le teorie dell’audiovisione con un approccio analitico/laboratoriale.
Dato lo statuto non compiuto delle teorie dell’audiovisione e dati il contesto e gli obiettivi formativi, l’importante non è insegnare una teoria specifica, né far memorizzare alcuni concetti in luogo di altri, ma educare a problematizzare il nesso tra suono e immagine, applicando categorie e strumenti concettuali desunti dagli scritti dei teorici, contestualizzandoli e mettendone in luce gli aspetti problematici e le potenzialità ermeneutiche.
Ho elaborato un corso che introduce in modo graduale i concetti fondamentali dell’audiovisione attraverso un percorso laboratoriale, ossia attraverso l’analisi guidata, realizzata con la classe, di specifiche scene, sequenze e musiche, da cui di volta in volta emergono i concetti che si vuole problematizzare. La metodologia consiste nel porre domande mirate e condurre le analisi assieme agli studenti in modo da guidarli a interrogarsi sui meccanismi basilari del nesso suono/immagine.
Si tratta di enucleare concetti, o meglio concettualizzare problematiche attraverso le analisi. Gli studenti non devono memorizzare nozioni sul sound design quali “punto d’ascolto” (il punto fittizio dello spazio diegetico da cui il sound designer immagina lo spettatore fruisca, ascolti la scena) o “focalizzazione” (l’ampiezza del paesaggio sonoro che il sound designer progetta che il fruitore debba percepire, ossia quanto il suono è focalizzato sui singoli oggetti/azioni in luogo dell’ambiente circostante), ma capire quali siano le potenzialità di sound design e film music. Tutto questo mettendo a confronto film e prodotti audiovisivi che funzionano in maniera opposta tra loro, al fine di evidenziare la qualità costruttivista del legame fra musica e immagine, che se in apparenza è un dato di natura, è in realtà frutto di una costruzione, o composizione artificiale dei due elementi. In questo modo si mette in risalto la molteplicità potenziale di effetti e affetti che la dimensione sonora può esercitare sull’immagine, e quindi le enormi potenzialità a disposizione di compositori e sound designer.
Il corso così strutturato fa emergere negli studenti la consapevolezza di meccanismi che per loro erano solo in parte noti,in quanto fruitori assidui. Le teorie dell’audiovisione rivelano una conoscenza implicita, ancora non formalizzata: rappresentano perciò un’area di sviluppo prossimale che, ben trattata nel processo di apprendimento e insegnamento, induce gli studenti a sviluppare un senso critico nei confronti del proprio lavoro.
Giacomo Albert
Docente
Conservatorio di Musica “G. F. Ghedini” – Cuneo