AL LETTORE
«Il Saggiatore musicale» – il nostro lettore se ne è accorto – lavora perché la musica sia considerata parte integrante ed essenziale della cultura. Non è una banalità: contrastiamo la settorialità che in tanti modi limita e affligge oggi la conoscenza e lo studio della musica. L’insidia riguarda tanto la vita musicale quanto le discipline della musicologia. A parole, tutti concedono che la musica, da Pitagora in qua, pervade la struttura del mondo e la vita degli uomini: all’atto pratico, nella società contemporanea, la musica e la sua cultura vengono recintate entro steccati ben definiti. Da un lato, si concepisce la musica come passatempo individuale e rito collettivo, decoratrice dello spirito e organizzatrice sociale delle pulsioni; vi corrispondono massicci interessi economici, e potenti logiche di mercato. Dall’altro lato, dietro lo schermo dell’elevato tecnicismo che caratterizza l’apprendimento e la trasmissione dei linguaggi musicali, prospera una doppia distorsione: se i musicisti e i musicologi inclinano ad arroccarsi in un sapere corporativo, gli esterni si sentono vuoi tagliati fuori, vuoi autorizzati a trattar la musica come un mondo magari affascinante, ma chiuso su di sé, e lasciano ai tecnici ogni discorso su di essa, contentandosi d’una divulgazione corriva. Se è vero che tra musica e cultura c’è uno iato, «Il Saggiatore musicale» fa quel che può per colmarlo, per far sì che ci si abitui a vedere la musica nella cultura, la musica come cultura.
Questo programma comporta alcune responsabilità, intellettuali e politiche. C’è una responsabilità nelle scelte editoriali. Già in questi tre anni la rivista ha coltivato l’interdisciplinarismo: anche i discorsi strettamente tecnici, rivolti ai soli specialisti, sono talvolta indispensabili, e non li schiviamo, ma nel contempo diamo ampio spazio alle intersezioni tra discipline diverse, praticate sia dai musicologi sia da colleghi che musicologi non sono(in questo numero, una psicanalista, un latinista, due storici della filosofia, un teatrologo). Persisteremo, perché, senza nulla concedere al facilismo divulgativo, ci preme interessare lettori curiosi di tanti campi del sapere.
C’è anche una responsabilità intellettuale degli autori. Il genere letterario della comunicazione scientifica, in una rivista come la nostra, è quello del saggio, l’essai dei francesi, l’essay degli inglesi: per dirla con la bella definizione di Maria Luisa Altieri Biagi, «una scrittura di argomento circoscritto, in cui si parte da esperienze altrui per proporne, con filosofica modestia, la correzione o la conferma». È un genere letterario che predilige la forma breve, le venti, venticinque pagine a stampa che enunciano un problema, lo discutono, ne tentano una soluzione, e si lasciano pacatamente leggere in un paio d’ore. In realtà, la dimensione media degli articoli che riceviamo aumenta costantemente: il nostro come tanti altri periodici di musicologia fa sempre più fatica a mantenere l’aurea misura della ventina di pagine. Questa misura non è un dogma – alcune volte l’intricatezza del soggetto richiede davvero più spazio – ma di sicuro agevola la circolazione e la penetrazione del sapere in cerchie di lettori che non siano i pochissimi specialisti di argomenti sempre più parcellizzati. Per il futuro, daremo la preferenza agli articoli che non travalicano tali limiti.
Sul piano politico, la divaricazione fra musica e cultura comporta una responsabilità che investe la società tutta, e dunque in primis i poteri legislativi ed esecutivi. Nella situazione italiana, i nodi più gravi e più bisognosi d’uno scioglimento si annidano nell’istruzione scolastica, nella formazione professionale, nella ricerca, nonché nel terreno dei cosiddetti “beni culturali”: dicitura, questa, che in musica – estendendosi dalla conservazione della pergamena ducentesca fino all’allestimento dell’Aida nell’Arena di Verona – è in sé ambigua ed irta di problemi, proporzionali all’entità e alla varietà del patrimonio musicale del Paese. Nel primo dei due interventi di questo numero pubblichiamo un succinto promemoria delle cinque o sei cose che, a pro della musica, il governo e il parlamento della Repubblica Italiana farebbero bene ad affrontare.
Tale promemoria è stato stilato dall’Associazione culturale «Il Saggiatore musicale», ossia dal sodalizio che promuove la nostra rivista e la fiancheggia con un programma di attività vòlte a stimolare la discussione nella disciplina e a diffonderne i frutti presso gli amatori. A partire da questa annata, in fondo al secondo fascicolo semestrale apparirà un Bollettino che ragguaglia i nostri lettori su tali attività. (g.l.f.b.)