in collaborazione col
Dipartimento delle Arti
Alma Mater Studiorum — Università di Bologna
Ventitreesimo Incontro
dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali
sabato 25 maggio 2019, ore 10,45-13,15 e 14,45-17,30
Palazzo Marescotti Brazzetti, Salone Marescotti
Bologna, via Barberia 4
Abstracts
Francesco Fontanelli (Pavia – Cremona)
La contraddanza trasfigurata:
genesi del tempo lento del Quartetto op. 127 di Beethoven
Nel 1876, Gustav Nottebohm pubblicava alcune trascrizioni di schizzi per il Quartetto op. 127, rivelando un inedito ‘retroscena’: il tema dell’Adagio, tra i più intensi ed estatici dell’intera produzione beethoveniana, deriverebbe da un motivetto in semicrome ripetuto a mo’ di moto perpetuo in un Allegro grazioso intitolato La gaieté. Tale movimento figurava nel piano originario dell’opera, ma Beethoven decise poi di eliminarlo, riadattandone il contenuto.
L’intervento proposto ricostruisce le tappe che portarono alla nascita del tempo lento del Quartetto, individuando i possibili modelli del compositore e i problemi tecnico-stilistici con cui si confrontò. Occorre anzitutto far luce sulle origini della Gaieté, mai sinora indagate. Il titolo in francese appare nelle raccolte di airs de contredanse di fine Settecento e si ritrova poi nel repertorio pianistico dei Charakterstücke, da Carl Reissiger a Carl Maria von Weber. Se si considerano questi due precedenti, risultano più chiari i contorni del progetto iniziale dell’op. 127. Gli abbozzi mostrano, infatti, la stilizzazione di una giocosa contraddanza in 2
4, a cui doveva seguire un movimento affine sul piano motivico, ma di carattere contrastante: un Adagio in La♭ in stile belcantistico (originariamente in 9
8), come quello del Settimino op. 20). L’analisi condotta sui materiali autografi indica che Beethoven tentò in vari modi di realizzare un accostamento ‘teatrale’ tra tema di contraddanza e tema lirico, sulla scorta delle sperimentazioni giovanili nei Quartetti op. 18, per poi giungere alla scelta decisiva: far sparire la Gaieté, lasciando la sola melodia dell’Adagio, come una danse lente ormai trasfigurata in un’aura di sublime malinconia. Sintomatica, in tal senso, la presenza tra gli schizzi di un’armonizzazione ‘in chiaroscuro’, basata sull’alternanza di Fa minore e La♭ maggiore. Con tale espediente coloristico, il compositore per un verso offriva un suggestivo richiamo alle sonorità di sottodominante dell’Allegro del primo movimento, e per l’altro rafforzava la coesione strutturale del Quartetto.