Marina Mayrhofer
- La Radio:
- – trasmissioni specifiche: giornaliere (cronaca con brevi critiche);
- – a tema, affidate a voce parlante con ascolti;
- – dirette di eventi musicali, con interviste negli intervalli.
- La Televisione:
- – brani musicali inseriti in trasmissioni d’altro genere, con interviste a interpreti, compositori, ecc.;
- – trasmissioni monografiche su un musicista;
- – rubriche seriali con repliche di concerti effettuati nel corso di una determinata stagione;
- – concerti trasmessi in occasioni di festività da sedi diverse, con frequenza annuale.
- Il cinema:
- – colonne sonore;
- – film di contenuto musicale (vite di musicisti, soggetti d’ambientazione musicale, opere liriche);
- – cammei d’interpreti famosi.
- Internet:
- – segnalazioni di singoli eventi, o sull’attività di singoli interpreti, desunte da giornali e riviste;
- – YouTube con spezzoni di interpretazioni registrate sotto il nome dell’opera musicale o dell’interprete;
- – links musicali connessi ad associazioni, fondazioni, istituti, con materiali in rete di vario genere (registrazioni, programmi di sala, articoli da riviste, estratti di libri).
- Pubblicità e cellulari:
- – colonne sonore e brani arrangiati da pezzi musicali (radio, televisione, filodiffusione);
- – suonerie dei cellulari;
- – promozioni di trasmissioni di contenuto musicale.
- Finalità dei canali di comunicazione:
- – commerciali;
- – divulgative;
- – d’intrattenimento.
- Riflessi nella gestione degli spettacoli:
- – quotazione dei musicisti;
- – incidenza sulle programmazioni degli spettacoli.
Nella precedente relazione presentata dalla Commissione che presiedo si è fatto il punto su aspetti relativi all’influenza che gli organi di stampa esercitano sulla cultura musicale e la loro diffusione a vasto raggio. In questa sede verranno proposte, secondo uno schema prestabilito, alcune problematiche, da sviluppare nei dettagli, inerenti ad altri mezzi di comunicazione che incidono, con non minore peso (ed anzi maggiore, forse), sull’informazione pubblica.
L’assimilazione dei messaggi attinenti al fenomeno ‘musica’ avviene secondo modalità diverse, tutte comunque di facile e immediata fruizione. Sugli argomenti che elencherò di seguito i miei collaboratori mi hanno in più d’un caso sollecitato ad approfondire l’analisi, sostenendo la necessità di estendere a questi altri organi di comunicazione l’indagine già avviata. Per questo motivo, ho preparato un progetto di lavoro i cui punti principali saranno illustrati in questa breve relazione.
Il primo medium di massa cui si vuol far riferimento – la radio – è ormai storico e ha senza dubbio il merito d’aver contribuito in maniera tangibile a soddisfare le esigenze del pubblico interessato alla musica, in senso lato; per ciò che concerne la musica d’arte, esso ha anzi svolto un importante ruolo nell’informazione, di cronaca e di cultura, disponibile e aggiornata su argomenti di vario tipo.
Nell’àmbito della musica colta, la radio, anche prescindendo da finalità d’ordine commerciale, è, fin dalla sua invenzione, uno degli organi di diffusione più attivi e qualificati, con un’offerta d’ampia campionatura, capace di venire incontro a esigenze di vario tipo. Nella realtà italiana attuale, RadioTre in particolare è l’emittente che garantisce tipologie di ascolto che vanno dalla cronaca, in tempi brevi, a trasmissioni a tema, con testi affidati a voce parlante e con ascolti mirati all’argomento in questione, senza tralasciare le “dirette” di eventi importanti, o comunque di rilievo, nel panorama nazionale e internazionale dello spettacolo musicale, con interviste, negli intervalli, agli interpreti. Ancor oggi, pur disponendo di mezzi tecnicamente più avanzati, l’amateur, l’intenditore, predilige – non senza una punta di snobismo – il mezzo radiofonico, divenuto quasi contrassegno di un’élite dai gusti esclusivi e raffinati.
Ma va osservato che, se almeno per la musica classica la radio detiene ancora questo primato (che tuttavia non è tale quanto agli indici d’ascolto: limitati, come del resto è lo stesso pubblico della musica classica), lo deve all’assenza di una programmazione oculata, intelligente in una parola, da parte della sua prima e diretta rivale: la televisione. Ma si parlava di indici d’ascolto, e si sa che dove vige questa legge cade ogni discorso sulla qualità, e con essa la possibilità di scelta, di un’adeguata programmazione. In altri termini, è come un serpente che si morde la coda.
A tutta prima credo che, nelle varie proposte offerte dalla televisione, di Stato come privata, salti all’occhio una situazione di complessivo disordine (il discorso vale anche per la musica leggera) che disorienta lo spettatore, costretto a sorbirsi trasmissioni d’altra impostazione da quella musicale, per pizzicare, all’interno di queste, qualche “digressione” musicale o di contenuto musicale, ideata come intermezzo in un programma di diversa natura.
Un discorso a parte riguarda la pay-TV, la cui offerta è senza dubbio vasta e, in molti casi, anche specifica nei diversi settori, arricchita talvolta da documentari d’informazione, ma raramente in presa diretta: penso alla “prima” della Scala, trasmessa da Sky; ma l’evento isolato, una tantum, non fa testo.
Viceversa, la televisione di Stato non garantisce appuntamenti fissi, con rubriche o trasmissioni regolari, nell’orario e nella scadenza mensile o settimanale, appositamente destinate ad una programmazione di contenuto musicale. Càpita, qualche volta, che in tarda, tardissima serata sia mandata in onda la registrazione di un concerto o d’un’opera. Negli anni scorsi, su RaiTre, nel primo pomeriggio della domenica, poteva capitare di assistere alla registrazione di un’opera lirica che, per un verso o per l’altro, aveva fatto notizia. Trasmissioni come Prima della prima, sempre in tardissima serata o replicate al mattino, in orari in cui la gente “normale” non sta dinanzi al televisore, si sono diradate; anzi, di recente sembrano addirittura scomparse. Resiste, sulle reti Mediaset, Loggione, un format dedicato a spettacoli lirici, che tuttavia non manca di saltare qualche puntata. Ma sono casi che si contano sulle dita di una mano.
Un’altra circostanza meritevole d’attenzione riguarda le partecipazioni di artisti famosi a trasmissioni di “varietà” (così le si chiamava una volta). Ad esempio, da un po’ di tempo a questa parte, a Che tempo che fa, trasmissione programmata con successo ormai da alcuni anni su RaiTre, sono invitati di tanto in tanto personaggi di spicco nel panorama internazionale dei musicisti di “classica”, come Pollini, Barenboim, Lang Lang. Ma queste partecipazioni restano legate a un format di chiara impostazione commerciale. Come gli artisti della “leggera”, anche quelli appartenenti all’altra categoria si recano da Fazio per promuovere un disco, un video, un imminente concerto. In altri termini, la musica non è nei contenuti della programmazione, ma inglobata in un meccanismo di mercato che tutto omologa. Anche se, piuttosto che niente, il pubblico degli appassionati, e anche di quelli che non lo sono, cerca di non perdersi queste partecipazioni, confermando il livello alto degli indici d’ascolto, che tuttavia decretano il successo di una trasmissione-contenitore e, indirettamente, dei prodotti che capitano nella cesta. Va detto, inoltre, che la legge del mercato impone scelte precise: solo chi ha già avuto successo può accedere a quei palcoscenici, non altri che, pur bravissimi, senza adeguati lavori d’agenzia non riuscirebbero neppure a farsi conoscere. Anche gli “speciali”, com’è successo, sempre di recente, per la trasmissione dedicata a Bocelli, rispecchiano oculate operazioni commerciali, mirate, beninteso, più al sensazionalismo che ad effettive proposte d’ordine culturale.
Un altro contributo, magari discutibile nel taglio della sceneggiatura delle immagini o degli interpreti, riguarda le fictions, programmate in coincidenza di anniversari di musicisti (recentemente Puccini, ma qualche tempo fa anche Verdi, Casa Ricordi, ecc.), che non sempre si avvalgono di consulenze scientifiche, denunciando assai spesso un livello men che mediocre.
Non è possibile, tuttavia, tacere sull’ultima “trovata”, sempre promozionale – ma a favore dell’altra musica, di consumo, in una parola “leggera” – escogitata in occasione dell’ultimo festival di Sanremo: la “classica” chiamata a far da traino alla “leggera”, in nome di una musica che “quando è bella è bella, al di là d’ogni severo spartiacque”, come recita un vecchio adagio. Certo – lo scrive Lorenzo Bianconi – oggi bisogna fare i conti con il plurale di una parola che, a tutta prima, sembra non possederne la declinazione. È così. Ma è anche vero che la circostanza, cui si faceva cenno, è segnale in qualche modo inquietante di un poco larvato rovesciamento di ruoli. In altri termini, quella superiorità culturale, accordata un tempo tacitamente alla musica d’arte, secondo criteri gerarchici che oggi sono misconosciuti, torna a esser tirata in ballo per garantire un prodotto che, oltre la qualità discutibile, è destinato a mettere in moto una complessa macchina di mercato, già costosissima in fase di pre-allestimento. E poi, con quali modalità e a quale livello è stata progettata e realizzata questa cornice – o anteprima – di “cultura”, costruita ad uso e consumo delle canzonette, nel segno di una contaminazione quanto mai ambigua!
Un’ altra offerta della televisione di Stato è rappresentata dai concerti trasmessi in occasione di festività (natale, pasqua, capodanno), appositamente realizzati per la ripresa televisiva. Sono appuntamenti per così dire istituzionali, che riscontrano buoni indici d’ascolto presso un pubblico eterogeneo che si sente indotto ad assistervi come per celebrare la ricorrenza. Tali programmi, in conformità col carattere (sacro o profano) dell’occasione celebrativa, tendono ad essere ripetitivi, come del resto accade anche nelle sale da concerto e nei teatri in simili circostanze. Tuttavia la qualità è spesso garantita dal prestigio degli interpreti e delle orchestre che si avvicendano, anno per anno, nelle riprese, effettuate da sedi diverse.
D’altro tipo è il discorso che attiene al cinema. Il termine ‘trasmissione’, infatti, non è pertinente, a meno che la parola non venga intesa in senso lato, come comunicazione appunto d’un messaggio. Qui la scelta è collegata a un prodotto che può avere contenuti di natura musicale: vite di musicisti (Amadeus di Miloš Forman, L’altra faccia dell’amore di Ken Russell, Beethoven ecc.), oppure opere liriche realizzate in forma filmica (come Carmen, Il flauto magico, Tosca, La traviata ecc.), film, infine, di ambientazione musicale che tuttavia sviluppano tematiche d’altro ordine. Un ruolo importante è quello delle colonne sonore, che spesso attingono a repertorii classici, decretando il successo di brani che, altrimenti, sarebbero rimasti ignoti ai più. Anche se appartiene ad un passato non più recente, cito il caso dell’Andante del Concerto in Do maggiore K 467 di Mozart, colonna sonora del film Elvira Madigan. Il brano, divenuto improvvisamente celebre, sulla scia della popolarità ottenuta fu riutilizzato anche dalla pubblicità.
Veniamo, così, ad un altro punto importante, che rispecchia il discorso già fatto prima a proposito di Sanremo: la musica d’arte che fa da traino all’industria dei consumi. Stralci di sinfonie, concerti, arie liriche, abbinati ad immagini pubblicitarie, sono all’ordine del giorno.
Si entra così nello spinoso problema della riproduzione della musica che agisce in maniera trasversale, scavalcando e abbattendo barriere d’ogni tipo; se questo processo, in linea teorica, appare un superamento di molti ostacoli che ne impediscono la diffusione, per converso implica, nel bene e nel male, un’omologazione il cui rischio maggiore è proprio quello di vanificare i contenuti, artistici storici estetici, culturali in una parola, di un prodotto musicale. Tale fenomenologia, in atto da quando esiste la registrazione, diretta e indiretta, va indagata, con opportuna documentazione, entro gli àmbiti specifici che hanno contrassegnato la storia del secolo scorso e dell’attuale.
Ne consegue una riflessione, ovvia ma ineludibile, sulle modalità della recezione di messaggi musicali al di fuori dei circuiti istituzionali. Di qui l’analisi si sposta verso quei mezzi di comunicazione nei quali la musica è adottata come segnale, termine quest’ultimo che ha occupato e occupa il dibattito critico su più fronti, e che va quindi usato con oculatezza. In sintesi, si vuole alludere all’uso di brani musicali destinati a funzioni altre, non di puro ascolto. E dunque suonerie di cellulari (sigle, più genericamente) che allertano l’attenzione verso canali di comunicazione che, mediante quel segnale, si accendono o entrano in funzione; ma anche sigle di programmi trasmessi per radio, per televisione, o commenti musicali di siti internet, tutte icone, si potrebbe dire, con funzione di richiamo, più o meno esplicito, su realtà di varia natura.
La rete infine – il world-wide web che ha metabolizzato ogni sistema d’informazione, per quanto complesso, spesso svelandone i più reconditi significati, come in un prodigioso gioco di specchi – assorbe e rimanda messaggi musicali d’ogni tipo la cui rifrangenza virtuale vive, alla fine, di vita propria, sovrapponendo altri codici a quelli già istituiti, capaci di aprire nuovi sentieri di emittenza. È quanto si riscontra nelle opzioni d’uso che riflettono una moltiplicazione di àmbiti, entro i quali si verifica l’esplorazione. A questo modo, è possibile recuperare critiche e commenti su uno spettacolo, per poi andare a fondo, nella documentazione, sulle produzioni, gli interpreti. Càpita spesso che si trovino, on line, interi programmi di sala e, con tutto il resto, l’informazione è completa.
Questi e moltissimi altri sono i vantaggi della rete. Ma, si sa, su internet c’è il mondo, se si vuole approfondire. Per le università, motori di ricerca come JSTOR o il RILM on line consentono un aggiornamento bibliografico di cui prima non si aveva idea. E non si contano i siti, specifici, sulle varie Fondazioni, Societies, Gesellschaften che consentono contatti con le sedi appropriate per chi fa ricerca. Anche YouTube può essere utile per trovare la registrazione di un evento ed altri riferimenti a spettacoli ai quali non si è potuto assistere. Sono strumenti dei quali l’utente può disporre, scartando ciò che non serve.
In una maniera o nell’altra, la musica, attraverso i mass media, ci segue, ci fa compagnia, ci perseguita, secondo i punti di vista. È un dato di fatto e basta.
Ma, prima di concludere, un’ultima riflessione riguarda il grado di consapevolezza che può acquisire, se già non lo possiede, il destinatario dei messaggi che attraverso i mezzi di comunicazione di massa si diffondono a vasto raggio, sulle finalità che questo tipo di informazione comporta.
Il ricevente, pur rendendosi conto che le reti, radiofoniche televisive telefoniche, multimediali in una parola, decretano il successo, la popolarità dei personaggi che le occupano, spesso ignora fino a che punto questi mass media incidano nella gestione e produzione degli spettacoli. Un musicista che partecipa a trasmissioni radiofoniche, televisive, e che sia rintracciabile sulla rete, accresce la propria quotazione sul mercato, ed è probabile che riceva da istituzioni concertistiche e teatrali un numero d’inviti maggiore di altri che non occupano quegli spazi: in una parola, si assicura una continuità di carriera, se non proprio il successo. Questo induce a considerare in una luce diversa le finalità, non sempre esplicite, dei canali di comunicazione; finalità non limitate esclusivamente all’informazione e divulgazione di notizie eventi iniziative culturali, ma più ampiamente estese a una gestione, se non a un controllo mirato, del sistema musica che, opportunamente manovrato, funziona in una direzione piuttosto che in un’altra. Non si vuol fare della dietrologia, ma è opportuno prendere atto di una realtà in cui le scelte sono condizionate sempre più dall’immagine piuttosto che dall’ascolto, e che una valutazione obiettiva della qualità dei prodotti si orienti ormai secondo codici affatto diversi da quelli di una volta.
Senza moralismi di sorta, senza rimpianti, dettati da una memoria temporis acti che non ha senso se non rapportata al presente, ma con coscienza sempre vigile, è necessario osservare come oggi va il mondo, per orientarsi ed agire di conseguenza.
Alcuni riferimenti bibliografici: P. Ortoleva, Mass media. Dalla radio alla rete, Firenze, Giunti, 2001;
A. Foglio, Il marketing dello spettacolo. Strategia di marketing, Milano, FrancoAngeli, 2005;
F. Colombo, Atlante della comunicazione, Milano, Hoepli, 2005.