Giorgio Pagannone – Raffaele Pozzi
Considerando il campo vasto e l’articolazione molteplice della creatività musicale è forse necessario distinguere la didattica dei processi creativi dalla composizione musicale strictu sensu, quest’ultima intesa, nella tradizione cólta occidentale, come invenzione musicale formalizzata di mentalità scritta. Se la composizione così intesa (o allargata a sofisticate pratiche improvvisative) è parte fondamentale dell’esperienza contemporanea come pratica d’arte, punto di arrivo di un training professionale specifico, oggi appare quanto mai urgente sviluppare un’approfondita riflessione pedagogico-didattica sulla creatività nella formazione musicale di base.
In una prospettiva di un percorso di lifelong learning, di una formazione permanente che garantisca un’educazione estetica al cittadino dalla nascita all’età adulta, una corretta metodologia di approccio del bambino alla creatività musicale risulta assolutamente essenziale. Nella fascia di età corrispondente alla frequenza della Scuola dell’Infanzia e del primo ciclo della Scuola Primaria, tra i 4 e i 6-7 anni, le fondamentali trasformazioni neuropsicologiche del bambino, le sue potenzialità e curiosità creative sonore e in prospettiva musicali non trovano nelle vaghe indicazioni del curricolo, e ancor peggio nella concreta realtà della Scuola italiana, risposte adeguate. Il gioco simbolico e l’uso di pratiche improvvisative consapevoli esercitato su materiali esteticamente stimolanti e complessi (cfr. in proposito R. Pozzi, Come proporre “Riconoscenza per Goffredo Petrassi” di Carter a bambini di sei anni, in «Musica e Storia», XIV, 3, 2006, pp. 715-732) è raramente praticato nella Scuola. Tali pratiche creative necessitano, per non cadere in forme di spontaneismo impertinente e affatto privo di funzione didattica, di specifiche competenze musicali dell’insegnante ad oggi di là da venire nella Scuola italiana.
Peraltro, per antichi pregiudizi dagli effetti rovinosi, stenta a diffondersi il riconoscimento, già a partire dalla prima classe della Scuola Primaria, dell’importanza di fornire alla creatività infantile il potente mezzo simbolico della scrittura nel passaggio fondamentale in psicologia dello sviluppo da una fase cognitiva di simbolismo primario ad uno, per l’appunto, secondario. Tale passaggio dovrebbe prevedere – come ipotizzato in B. Vertecchi e R. Pozzi, L’apporto della lettura e della scrittura musicale alla costruzione del repertorio dei simboli, in Educazione musicale e formazione, a cura di G. La Face Bianconi e F. Frabboni, Milano, FrancoAngeli, 2008, pp. 289-301 – l’apprendimento integrato e parallelo a partire dalla prima classe della Scuola Primaria dei simboli verbali, numerici e musicali. L’acquisizione di queste competenze stabili a livello di formazione di base, lungi dall’inibire la creatività del bambino, ne potenziano al contrario la crescita cognitiva, emotiva e comunicativa, ponendo le premesse per quella manipolazione consapevole e formalizzata dei materiali che caratterizza la composizione musicale. (RP)
Per affrontare il discorso sulla Didattica della composizione in età infantile, crediamo sia imprescindibile partire dalla formazione di una mente musicale, una mente che non apprenda “dall’esterno” regole e teorie del comporre, ma che “dall’interno” assimili il linguaggio musicale, nella sua ricchezza e complessità, e ne faccia strumento anche in senso produttivo, che sia improvvisazione o composizione.
Le moderne didattiche, che hanno nelle teorie di Edwin Gordon (per gli Stati Uniti) e di Valerij Brainin (per la Russia) le loro ultime propaggini, insistono molto sul fatto che:
– la musica si apprende come una lingua, quindi in età precoce;
– l’attitudine musicale, cioè il potenziale di apprendimento della musica, non è una dote di pochi, ma di molti e va opportunamente stimolata;
– dunque la stessa creatività musicale, intesa come la capacità di comporre con i suoni e di produrre un discorso sensato, non può non fondarsi sul quel “senso interiore” della musica, come lo chiamava Schumann, o “rappresentazione mentale” (secondo Sloboda), o “audiation” (secondo Gordon). Su un pensiero musicale, insomma, e sulla assimilazione di una sintassi musicale di base. E questo senso interno può essere formato, sviluppato, rafforzato fin dai primi anni, con opportune attività didattiche.
Dunque, in definitiva, Didattica della composizione è anche Didattica dei processi cognitivi in musica, e la natura di quei processi mentali non può che essere anche produttiva. (GP)